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Auto, immatricolazioni
in calo del 13% a dicembre

di Marco Ferrando

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2 gennaio 2009

Il 2008 si è chiuso con un'altra battuta d'arresto per il mercato italiano dell'auto. In base ai dati diffusi questa sera dal ministero ai Trasporti l'ultimo mese dell'anno ha fatto segnare 140.656 immatricolazioni, in calo del 13,29% rispetto al 2007, dunque con una flessione a doppia cifra ma pur sempre più contenuta di quelle riportate a ottobre (-18,9%) e novembre (-29,5%). Il consuntivo 2008 è di 2,16 milioni di immatricolazioni, il 13,35% in meno rispetto al boom del 2007 e il 7,4% in meno dai 2,32 milioni di vetture immatricolate nel 2006, che gli operatori avevano archiviato come un anno «normale».
Tendenza opposta, invece, per il mercato dell'usato, che a dicembre ha segnato 391.015 passaggi di proprietà, l'1,99% in più dello stesso mese 2007. In tutto l'anno i trasferimenti hanno sfiorato i 5 milioni (-0,53% sul 2007).

Nel nuovo, la lieve ripresa di dicembre rispetto all'autunno nero si deve alle maxi promozioni offerte dai concessionari e soprattutto agli ultimi giorni degli ecoincentivi ministeriali, scaduti il 31 dicembre, che hanno convinto migliaia di consumatori ad anticipare i propri acquisti. Proprio l'effetto-incentivi registrato a dicembre è destinato a riaprire il dibattito sulla necessità di riproporre lo strumento, un'ipotesi che ancora nei giorni scorsi il Governo aveva escluso: «Senza incentivi o altre misure di rilancio della domanda, il 2009 si chiuderà con 1 milione e 850mila targhe», lancia l'allarme Gianni Filipponi, segretario generale dell'Unrae, l'associazione che riunisce le case automobilistiche estere presenti in Italia.

Tornando ai dati dicembre, il Lingotto (che ha chiuso la giornata di Borsa in rialzo del 6,10%, con il titolo a 4,87 euro) ha immatricolato in Italia 43.506 nuove autovetture, facendo segnare un calo del 15,16% rispetto alle 51.281 unità dello stesso mese di un anno fa e dunque una flessione più pronunciata rispetto alla media del mercato. Se si considera il solo ultimo mese dell'anno, la quota di mercato del gruppo Fiat in Italia é scesa dal 31,61% del 2007 al 30,94%, ma il Lingotto può ancora consolarsi con i dati complessivi sui 12 mesi, che vedono la penetrazione consolidarsi dal 31,32% del 2007 al 31,87% del 2008.

Guardando alle singole marche, solo in sei hanno chiuso il 2008 in crescita: si tratta di Audi (61.363 immatricolazioni, amplia la quota dal 243 al 2,84% del mercato grazie a una crescita dell'1,44%), Nissan (47.482 vetture, per una fetta del 2,2% del mercato), Bmw (45.321, 2,10%), Smart (33.807, 1,57%), Mazda (18.339, 0,85%) e Skoda (17.671, 0,82%). Segni meno quasi tutti in doppia cifra per gli altri: Fiat, con 542.110 immatricolazioni, argina i danni e grazie a una flessione del 10,17% conquista il 25,1% del mercato (era il 24,2 un anno fa). Cresce così il divario dall'inseguitrice Ford: 169.800 auto, calo del 14,95% e quota al 7,86%. In classifica si confermano poi Opel (142.438 vetture, -19,43% e quota al 6,59%), Volkswagen (137.453 immatricolazioni, -9,93% e quota al 6,36%) e Citroen (116.049, -11,74% e quota al 5,37%). Tra le altre italiane, si segnala Lancia (-10,09%, per 93.300 immatricolazioni che valgono 4,32% del mercato) mentre Alfa Romeo con 52.822 cede il 28,2% e si deve accontentare del 2,45% del mercato.

«Quello che dovrebbe essere l'anno orribile per la congiuntura mondiale ed italiana, inizia nel nostro Paese con un dato sull'economia reale molto migliore delle attese», commenta Gian Primo Quagliano, direttore del Centro studi Promotor di Bologna. Ripercorrendo l'andamento di tutto il 2008, Quagliano ricorda che a pesare negativamente sono intervenuti diversi fattori, «tra cui la stanchezza della domanda dopo undici anni di vendite su livelli elevati e il sostanziale fallimento degli incentivi alla rottamazione nella formula depotenziata varata con il rinnovo per il 2008. Senza dimenticare, poi, i forti aumenti dei prezzi dei carburanti nella prima parte dell'anno». «A questi elementi si sono aggiunte le difficoltà del credito al consumo (aumento dei tassi, delle insolvenze e restrizioni nella concessione) e soprattutto l'entrata in recessione dell'economia a partire dal secondo trimestre», sottolinea ancora Quagliano.

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